Cara/o collega,
di seguito la locandina-invito di un evento che l'UOSD di Psicologia Clinica sta organizzando all'Ospedale CTO di Napoli il 12 marzo 2018: la presentazione del libro di Severino Cesari, "Con molta cura".
Cesari è stato direttore editoriale dell'Einaudi ed ha pubblicato su FB post per circa 3 anni, condividendo la sua esperienza di malattia.
Il libro rappresenta una testimonianza molto toccante ed utile per favorire una riflessione sui temi importanti di come affrontare una malattia.
La sua pagina FB è tuttora attiva e, se ti interessa, puoi leggere i suoi post e diverse recensioni al libro.
All'incontro del 12 Marzo parteciperanno la moglie ed il fratello, oltre che Maurizio De Giovanni, amico personale.
Al termine vi sarà un dibattito con medici, psicologi, volontari e pazienti.
NB Questo incontro è stato organizzato da mio padre, il Dott. Alberto Vito, responsabile dell'UOSD di Psicologia Clinica dell'ospedale CTO di Napoli. Ovviamente è per me un piacere ed un onore condividere questo evento nel mio blog ritenendolo particolarmente utile ed interessante per noi giovani medici di famiglia (e non solo).
Di seguito una breve recensione del libro.
La lezione
di Severino
Come tanti,
ho scoperto Severino Cesari, un uomo
straordinario che non ho avuto il piacere di conoscere, leggendo con
ammirazione i suoi post pubblicati su Facebook, incentrati anche sulla sua
esperienza di malato oncologico. Così sono diventato anch’io un suo amico virtuale, entrando a
far parte di una comunità virtuale larga, che ascoltava, condivideva e commentava le sue peripezie da paziente.
Fu la
moglie, ho scoperto dopo, che vedendolo chiudersi nei primi mesi della malattia,
gli suggerì di “aprirsi” e di utilizzare Fb per comunicare con gli altri. E’
così, presumo con iniziale scetticismo, quest’uomo di gran cultura, di poco più
di 60 anni, molto riservato, poco noto al grande pubblico ma notissimo nel
campo dell’editoria, essendo creatore e direttore di una collana di una grande
casa editrice, iniziò a parlare pubblicamente di sé, con ironia e sincerità. Ed
avviene un piccolo miracolo: per il suo stile di scrittura, ma soprattutto per
il suo modo di affrontare la malattia, si crea nel tempo una comunità, virtuale
ma non solo, che riflette, spera, sogna, lotta sui temi della vita e della
malattia. Facebook che in genere serve
ad altro diviene il contenitore di qualcosa di prezioso.
Severino
Cesari da ottobre non c’è più. Ma, come Lei ben sa, ha fatto in tempo a
raccogliere i suoi scritti. A novembre è
uscito “Con molta cura”, che raccoglie, in forma organizzata, i suoi post e il
suo diario. Il libro è molto bello ed è tante cose insieme. Nel libro c’è la
sua famiglia. E, come noi psicologi diciamo, ogni malattia “seria” è sempre
familiare: sia perché lo stress connesso alla malattia riguarda tutta la
famiglia, sia perché i familiari rappresentano l’elemento di cura più
importante, quello che più incide sulla qualità della vita. Questa
consapevolezza, ovviamente, richiederebbe un ripensamento globale, a partire
dalle modalità di ricovero ospedaliero, di cosa è una cura medica.
Il libro
parla anche di libri. Severino aveva la fortuna di averne fatto un lavoro,
della sua passione per i libri e la cultura. E quindi compaiono spesso i libri
che stava leggendo o rileggendo, con i suoi commenti e le sue riflessioni.
Compaiono gli scrittori, i suoi cari amici.
Ma il libro
è soprattutto una sorta di preghiera laica, un inno alla vita. Una
testimonianza preziosa di un uomo coraggioso. E non coraggioso perché non ha
paura, ma perché sceglie di affrontare le sue paure. Un uomo saggio, divenuto
ancora più saggio, affrontando il dolore.
Egli dice
che la malattia gli ha dato l’opportunità di capire l’importanza della cura,
del prendersi cura. E non è necessario ammalarsi per capire la necessità di
curare se stessi, le persone amate, le proprie passioni. Ma, attraverso la
dedizione alla cura, a partire dalla cura farmacologica, così piena di effetti
collaterali nocivi, egli afferma la gioia di vivere, di godere appieno di un
caffè, di una giornata di sole, di un’amicizia profonda.
Così ogni
giorno va vissuto nella Cura, ed ogni giorno è sempre diverso. E ci invita a
farla, la “Cura”.
Il libro
descrive un’esperienza rara, eppure possibile, che chi lavora in ospedale
conosce bene: in un certo numero di casi, limitato ma non rarissimo, il
contatto con la sofferenza e con la morte (in effetti, è questo) ci rende
migliori. Ci consente, io dico, di sistemare l’elenco delle nostre priorità
esistenziali. Abitualmente, nella nostra vita quotidiana, impegniamo energie ed
affanni per cose, in fondo, di poco conto, e pensiamo poco a ciò che veramente
conta. Il contatto con la morte ci consente di ricollocare al primo posto ciò
che è davvero importante: che, in fondo, sono i nostri affetti, le persone
care, chi amiamo e chi da cui siamo amati. La malattia è certamente una disgrazia, ma i mali della
vita possono essere anche opportunità. Per divenire persone migliori. Si tratta
di temi importanti, ma che vanno detti a bassa voce, con rispetto e
discrezione.
Il libro lo
dice benissimo e la sua lettura va sostenuta, per promuovere una cura medica
più globale, più ricca, più vera. E’ un libro prezioso. Ho avuto la sensazione
che Cesari abbia iniziato a scrivere per se stesso, ma strada facendo, si sia
accorto di quanto la sua testimonianza potesse essere d’aiuto anche ad altri.
Ed è andato avanti, io credo con quello che un tempo si chiamava “spirito di
servizio”.
Come si
capisce, il libro mi ha profondamente toccato. Ho subito pensato che sarebbe
stato bello poter presentare il libro in ospedale, tra medici, infermieri,
psicologi ed ammalati. In quei luoghi e quelle persone che Severino descrive.
Ho
contattato (con un po’ di emozione…) la moglie, Emanuela Turchetti, che ha
subito aderito alla mia proposta. Verrà a Napoli, il 12 marzo, all’Ospedale
CTO, a presentare il libro, insieme al fratello di Severino, medico psichiatra. Ed a Maurizio De Giovanni,
amico e scrittore. Ne sono molto lieto.
La presentazione del libro sarà
un’occasione per una riflessione pubblica, su quali risorse occorre avere per
poter affrontare nel modo migliore una tale esperienza, per chiederci noi
operatori sanitari cosa possiamo fare. L’incontro è aperto a tutti. Perché
anche la distinzione tra medici e ammalati, in fondo, è fittizia.
Nessuno di
noi, in nessun momento della vita, è totalmente sano o totalmente malato. Ed
anche i medici si ammalano. Ed anche i pazienti curano. Siamo tutti, uomini e
donne, innanzitutto persone, esseri umani.
“Legni
storti” direbbe Severino, ma preziosi.
Alberto Vito